Che cosa è il COP e cosa dice il Protocollo di Kyoto?
Il COP, ovvero la conferenza delle parti, è un organo decisionale supremo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Tutti gli Stati, che fanno parte della convenzione, sono rappresentati al COP, il quale ha l’obiettivo di esaminare l’attuazione della convenzione, prendere le decisioni necessarie per promuoverne l’effettiva messa in atto, inclusi gli accordi istituzionali e amministrativi tra gli stati. La convezione di riferimento è il Summit della Terra, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, ed entrata in vigore nel 1994. In maniera sintetica la convenzione riporta alcuni principi cardine, che sono:
- protezione del sistema climatico (lotta ai cambiamenti climatici ed ai loro effetti);
- consapevolezza dei particolari bisogni e condizioni dei paesi in via di sviluppo, particolarmente vulnerabili nei confronti dei cambiamenti climatici;
- utilizzo di norme di prevenzione.
Una delle ultime Cop (conferenza n XXI) si è tenuta a Parigi nel dicembre 2015, dove quasi 200 Paesi hanno raggiunto storico accordo per limitare il riscaldamento globale.
L’accordo 2015 di Parigi, segna, appunto, l’ultimo passo nell’evoluzione del regime sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite e si basa sul lavoro svolto ai sensi della Convenzione. La conferenza delle parti cerca di accelerare e intensificare le azioni e gli investimenti necessari per un futuro sostenibile a basse emissioni. Il suo obiettivo principale è quello di rafforzare la risposta globale alla minaccia del cambiamento climatico, mantenendo l’aumento della temperatura globale stabile al di sotto dei 2 gradi Celsius entro il 2020, e di perseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura ulteriormente a 1,5 gradi Celsius. L’accordo mira a rafforzare la capacità dei paesi di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici. La 23a sessione della Conferenza delle Parti (COP 23), della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), sarà organizzata e ospitata presso la sede del Segretariato dell’UNFCCC a Bonn, Germania, nell’arco del 2017. Anche se gli obiettivi posti sono onorevoli e ambiziosi, la convezione tra gli stati non è legalmente vincolante, ciò vuol dire che non pone dei limiti restrittivi veri e propri agli stati coinvolti, come per esempio un limite per le emissioni di gas serra. A istituire degli obblighi ci pensa il Protocollo di Kyoto. Infatti, la principale differenza tra il Protocollo di Kyoto e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è che, mentre la Convenzione ha incoraggiato i paesi industrializzati a stabilizzare le emissioni di gas a effetto serra, il protocollo li impegna a farlo. Riconoscendo che i paesi sviluppati sono principalmente responsabili per gli attuali alti livelli di emissioni in atmosfera, a seguito di più di 150 anni di attività industriale, il protocollo pone un onere maggiore per le nazioni sviluppate.
Il Protocollo di Kyoto è il primo accordo storico internazionale, che ha coinvolto molte nazioni industriali del mondo, dove si sono posti accordi per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, al fine di prevenire il riscaldamento globale. Il problema del riscaldamento globale rappresenta uno dei problemi ambientali più seri causati unicamente dalla presenza dell’uomo sulla terra. La caratteristica principale del protocollo di Kyoto è che fissa obiettivi vincolanti per ridurre le emissioni a meno 5%, rispetto ad una baseline presa nel 1990. Il Protocollo è stato adottato a Kyoto, in Giappone, in data 11 dicembre 1997, durante il COP3, ma entrato in vigore solo il 16 febbraio 2005, 176 Parti della Convenzione hanno approvato il relativo protocollo ad oggi, ad eccezione degli Stati Uniti.
Grazie al protocollo di Kyoto, i paesi industrializzati si sono impegnati a ridurre le loro emissioni annuali di carbonio, misurata in sei gas ad effetto serra. I sei gas ai quali fa riferimento il protocollo sono:
- CO2, anidride carbonica (causata dai combustibili fossili in tutte le attività energetiche e industriali, oltre che nei trasporti);
- CH4, metano (discariche dei rifiuti, allevamenti zootecnici e coltivazioni di riso);
- N2O, protossido di azoto (prodotto nel settore agricolo e nelle industrie chimiche);
- HFC, idro fluorocarburi (impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere);
- PFC, perfluorocarburi (impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere);
- SF6, esafluoruro di zolfo, impiegato nelle industrie chimiche e manifatturiere.
Tuttavia, il protocollo non è diventato legge internazionale fino a più di metà del periodo 1990-2012. A quel punto, le emissioni globali erano già aumentate notevolmente. Alcuni paesi, tra cui l’Unione Europea, hanno provato a riparare il danno nel 2011, e raggiungere gli obiettivi di Kyoto, ma la maggior parte ha fallito, anche perché le emissioni erano salite del quasi il 40% dal 1990 al 2009, creando così un danno poco rimediabile nell’immediato.
Il secondo periodo di tentativi e nuovi obiettivi sono entrati in vigore nel 2013 e si concluderanno nel 2020. Per ora non si può dire che il Protocollo sia stato un successo, ma sicuramente, dopo il COP21 di Parigi, si sono riposti degli obiettivi comuni, che si spera verranno rispettati da tutti.
(Il protocollo è scaricabile qui http://unfccc.int/resource/docs/convkp/kpeng.pdf in lingua inglese e https://www.reteclima.it/wp-content/uploads/protocollo_di_kyoto_testo_completo.pdf in italiano).