Con questa bozza la comunità europea sembra mettere al bando le plastiche monouso dal 2019. A tutti gli Stati verrà infatti imposto il divieto di vendere prodotti come posate, piatti, cannucce, cotton fioc e bastoncini per palloncini gonfiabili, realizzati con i tradizionali polimeri di origine fossile. Tutti questi accessori verranno sostituiti da “plastiche” biodegradabili, che bisognerà imparare a trattare e smaltire, perché non sono tutte uguali. Non è automatico che biodegradabile sia equivalente a ecologico e vantaggioso per l’ambiente. Infatti, bisogna fare attenzione ai diversi gradi di biodegradabilità, ma soprattutto alla possibilità di compostare, ovvero di far rientrare il rifiuto nel ciclo naturale l’imballaggio o l’oggetto. Per essere davvero considerato ecologico un imballaggio deve essere quindi compostabile e non contenere agenti chimici.
Pro e contro delle bioplastiche
Analizzando vantaggi delle bioplastiche si può dire che:
- Vi è una riduzione dei fumi tossici emessi dalle bioplastiche avviate all’inceneritore,
- Facilitano lo smaltimento nel corso del processo di trattamento negli impianti,
- Quando sono totalmente compostabili si trasformano in un utile supporto all’agricoltura sotto forma di fertilizzanti.
Non mancano però gli svantaggi delle bioplastiche:
- Per quanto meno dannose per l’ambiente, non sono del tutto innocue,
- Non sono per ora in grado di rimpiazzare tutti i tipi di plastiche derivate dal petrolio (come PET, PP, PE…),
- Alcuni studi sostengono che in futuro lo sfruttamento eccessivo delle coltivazioni di cereali utilizzate per creare le bioplastiche, come il mais per esempio, potrebbe compromettere la disponibilità di cibo,
- Oggi nessuna delle bioplastiche in commercio è completamente sostenibile,
- Costi di produzione alti,
- Performance del prodotto inferiore.
Un altro problema, come sostiene anche Jacqueline McGlade, guida al team UNEP (agenzia Onu per l’ambiente), è che la plastica biodegradabile “è piena di buone intenzioni, ma è sbagliata, tanta plastica etichettata come biodegradabile, come i sacchetti per la spesa, si dissolve soltanto a temperature di 50 gradi, il che non avviene negli oceani”. Molti oggetti inoltre, aggiunge McGlade, “non sono galleggianti, così affondano e non vengono esposti ai raggi UV, che dovrebbero dissolverli”. Tuttavia, come afferma Yigi Yang, professore di ingegneria biologica in Nebraska, «nell’ultimo decennio il consumo di plastica è passato dai 50 milioni di tonnellate ai 100 milioni di tonnellate a livello globale», e di fronte a queste cifre incredibili e di fronte all’attuale impossibilità di un reale sistema di riciclo soddisfacente, la plastica biodegradabile deve assolutamente prendere il sopravvento su quella non sostenibile ed inquinante.
Il problema della plastica “normale”
Un rapporto dell’UNEP sui rifiuti plastici in mare stima che siano finite negli oceani da 4,8 a 12,7 milioni di tonnellate di plastica, su una produzione mondiale che ha superato i 311 milioni di tonnellate. I paesi in via di sviluppo o sottosviluppati non ancora hanno pensato e/o non mettono in atto processi di recupero e di smaltimento della plastica. Ogni chilometro quadrato di mare al mondo ha in media 63.320 particelle di microplastici galleggianti (sotto i 5 mm di diametro), che possono intossicare gli animali marini. Basta guardarsi intorno per vedere plastica ovunque, in ufficio, in camera, in cucina, in soggiorno, in auto… il consumo di plastica continua ad aumentare in tutto il mondo, e così anche il suo spreco, che va ad inquinare interi ecosistemi. Non ci bastato contaminare le nostre città, le nostre campagne e i nostri boschi con i nostri rifiuti, anche gli oceani sono pieni di plastica: i mari ne sono talmente zeppi che ci ritroviamo a mangiare le nostre stesse microplastiche quando portiamo a tavola del pesce. Avviare una seria produzione di plastica biodegradabile, dunque, è diventata una necessità improrogabile. Anzi, la conversione dalla plastica classica fatta a partire dal petrolio verso la plastica biodegradabile sarebbe già dovuta avvenire molto tempo fa, così da evitare al nostro pianeta buona parte di questo ignobile inquinamento. Ovviamente si deve riuscire a creare una plastica biodegradabile realmente competitiva e resistente!