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Il buco dell’ozono si sta riducendo!

Il protocollo di Montreal sembra dare i suoi frutti, infatti il 2018 si apre con un’ottima notizia sul fronte ambientale: il buco dell’ozono si è ridotto almeno del 20% dal 2005. Il buco dell’ozono è il risultato di un utilizzo spropositato di gas clorofluorocarburi, Cfc, che in passato erano utilizzati in elettrodomestici e bombolette spray. Si tratta di composti chimici che si innalzano nella stratosfera, il secondo dei cinque strati in cui è convenzionalmente suddivisa l’atmosfera (troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera e esosfera), dove vengono decomposti dalla radiazione ultravioletta del sole. Qui, le molecole di cloro liberate distruggono progressivamente quelle di ozono. Una volta che questi composti chimici sono stati vietati, l’ozono ha avuto la possibilità di ricostruirsi nell’atmosfera. Il buco dell’ozono è stato sotto osservazione nei mesi invernali dal 2005 fino al 2016, dal satellite Aura, lanciato in orbita dal 2004. Spiega Susan Strahan, scienziata dell’atmosfera del Goddard Space Flight Center e principale autrice dello studio: «Si osserva come la presenza del cloro sia diminuita all’interno del buco, e per questo si ha un minore esaurimento dell’ozono». Si tratta di una tappa importante nel cammino della preservazione dell’ambiente. Anche perché dimostra che, quando c’è la volontà politica, gli obiettivi di riduzione dell’inquinamento sono a portata di mano. Una lezione anche sul fronte della riduzione della CO2, con cui oggi sono alle prese (quasi) tutti gli Stati del mondo.

Perché l’ozono è importante?

L’ozono è uno strato protettivo naturale che tutela la Terra dalle radiazioni ultraviolette dannose per uomo e piante. Le radiazioni ultraviolette, infatti, aumentano il rischio nell’uomo di cancro nella pelle, cataratte e soppressione del sistema immunitario. La presenza di questo strato di gas protettivo fu scoperta nel 1913 dal fisico francese Charles Fabry. Gli scienziati cominciarono a parlare di buco dell’ozono intorno agli anni ‘70-‘80, a seguito delle osservazioni sperimentali attuate mediante l’invio di satelliti. Nel 1985, gli studiosi approfondirono la questione, evidenziando un assottigliamento dello strato di gas presente in atmosfera sopra l’Antartide.

Il problema era soprattutto sull’Antartide, perché i venti estivi dell’emisfero australe convogliano i Cfc nell’atmosfera in quella zona lì. I venti invernali fanno poi il resto, bloccandoli. Il ghiaccio e le basse temperature, infine, facilitano le interazioni dei Cfc con gli altri elementi. Fu proprio in quel momento che ci si rese progressivamente conto dell’importanza dell’ozono, per la sopravvivenza del nostro pianeta. Proprio per questo, la comunità internazionale firmò nel 1987 il Protocollo di Montreal, entrato in vigore del 1989, sulle sostanze che possono peggiorare la situazione del buco dell’ozono. I Clorofluorocarburi allora erano usati per la refrigerazione (frigoriferi, congelatori, condizionatori d’aria) e come propellenti per le bombolette spray, ed erano ritenuti responsabili di un’allarmante riduzione dell’ozono negli alti strati dell’atmosfera. Negli anni, il protocollo è stato ribadito con altri trattati d’intesa. Oggi, la situazione è nettamente migliorata e si prevede che il buco continuerà a restringersi. Secondo la Nasa il processo di “guarigione” della ferita nell’atmosfera dovrebbe proseguire negli anni a venire anche se per un ritorno alla normalità ci vorranno decenni. “I gas CFC hanno una vita che va dai 50 ai 100 anni e per questo resteranno nell’atmosfera a lungo”, ha spiegato Anne Douglass, fellow atmospheric scientist al Goddard Center e coautrice dello studio. “Per quanto riguarda il buco dell’ozono, guardiamo al 2060 o al 2080. E anche allora potrebbe esserci ancora un piccolo buco”, ha concluso la scienziata.

 

Blogger: MR.