Quando il produttore di rifiuti è obbligato a fare la analisi? Che tipo di analisi deve fare? Quanto durano? Queste sono tutte domande lecite che un qualsiasi produttore di rifiuti può, e deve, porsi. Spesso le analisi richiedono un allungamento dei tempi e un dispendio economico non indifferente.
Il principio dal quale bisogna partire è che il produttore di un rifiuto è sempre il responsabile della sua corretta classificazione e dell’attribuzione del codice CER. Se questa attribuzione non viene eseguita correttamente vi sono pesanti sanzioni, anche di tipo penale (altro buon motivo per fare le analisi). In linea generale nell’attività di classificazione i rifiuti possono essere suddivisi sostanzialmente in 3 tipologie: i non pericolosi “assoluti”, i pericolosi “assoluti” ed i rifiuti con codici a specchio, che possono essere sia pericolosi che non pericolosi. Vediamo per ogni tipologia quando è necessaria o meno l’analisi.
I RIFIUTI NON PERICOLOSI
I rifiuti non pericolosi, dato il processo che li genera, non hanno bisogno delle analisi. È intuitivo stabilire che questi tipi di rifiuti sono sempre non pericolosi. Per esempio, per carta, vetro, plastica non è necessaria alcuna caratterizzazione chimica.
I RIFIUTI PERICOLOSI
I rifiuti pericolosi derivano da un processo produttivo che concerne sostanze pericolose. Per esempio le batterie al piombo saranno sicuramente pericolose, perché il piombo lo è. Se sappiamo che sono pericolosi servono comunque le analisi?
Si, anche se è già stabilità la pericolosità, spesso non si può fare a meno di effettuare una analisi di caratterizzazione. Quest’ultima servirà per indicare la classi di pericolo del rifiuto, le cosiddette HP. Per le batterie al piombo le classi di pericoloso saranno già più o meno chiare: corrosività (HP8), pericolo per l’ambiente (HP14), tossicità acuta (HP6), tossicità per la riproduzione (HP10) e tossicità specifica per organi bersaglio (HP5). Tuttavia vi sono rifiuti meno definiti, dove vengono utilizzate più sostante e un’analisi chimica può fare chiarezza.
I RIFIUTI A SPECCHIO
IEsistono CER a specchio, ovvero CER che identificano lo stesso rifiuto, ma che può essere sia non pericoloso che pericoloso. Per esempio, gli stracci o gli indumenti protettivi possono essere o meno contaminati da sostanze pericolose. Dipenderà dal tipo di utilizzo che ne viene fatto sul luogo di lavoro. In questi casi l’analisi è obbligatoria. Infatti, la pericolosità viene attribuita proprio tramite i valori che indicano le analisi. Vi sono dei valori soglia, stabiliti da un regolamento Europeo, al di sotto, o al di sopra, dei quali un rifiuto può essere o non essere pericoloso.
COME SI ESEGUE UN’ANALISI? TEMPI E COSTI?
oPer eseguire una corretta analisi bisogna affidarsi per prima cosa a persone competenti, che sappiano fare un corretto campionamento e si appoggino a laboratori onesti. Solitamente per campionare si preleva dalla “massa” dei rifiuti un campione. Il campione deve essere il più rappresentativo possibile, deve essere posto in appositi contenitori e trasportato con cura ad un laboratorio di analisi chimiche. Il processo di campionamento è un momento delicato, deve seguire fasi bene precise per non alterare il rifiuto.
Spesso le analisi sono richieste dagli impianti di smaltimento (sia recupero che discarica) prima dello scarico. Alcuni impianti hanno il proprio laboratorio ed effettuano loro le analisi, altre volte bisogna rivolgersi ad un laboratorio esterno.
Il prezzo per un’analisi può variare da 100 euro a 600 euro, ciò dipende dai parametri ricercati. I tempi per avere un’analisi completa possono essere anche di un paio di mesi. Le analisi di per sé non hanno una scadenza, ma questa può essere stabilita dell’impianto che ritira i rifiuti e richiede le analisi aggiornate. I tempi solitamente di “validità” vanno da circa 6 mesi a 1 anno.