Il 21 giugno è arrivata ufficialmente l’estate. Quanti di voi hanno già pensato al cambio armadi stagionale? Della moltitudine di capi invernali desueti quanti sono stati donati e quanti sono invece conferiti in discarica? I dati dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), relativi alla produzione di rifiuti tessili da dismissione domestica, evidenziano un trend decrescente nell’anno 2019, a differenza dei dati di produzione di altri rifiuti, come la plastica per esempio. Non bisogna tuttavia farsi ingannare da questo dato apparentemente “positivo”. Infatti, una lettura più attenta delle statistiche mostra chiaramente che la percentuale di capi di abbigliamento recuperabile ha ampi margini di crescita. Lo scopo del presente articolo è riproporre i punti cardine e le conclusioni dello studio condotto dall’ISPRA, al fine di sensibilizzare il maggior numero possibile di utenti.
Come previsto dal DL 116/2020 dal 2022 in Italia è entrato in vigore l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti di natura tessile derivanti dal comparto domestico (capi d’abbigliamento, tendaggi, biancheria da letto, ecc). In Europa bisognerà attendere il 2025 per l’entrata in vigore del medesimo obbligo.
L’applicazione del DL 116/2020 rappresenta sia uno strumento fondamentale per la mitigazione dell’impatto ambientale derivante dalla filiera del comparto tessile, che un incentivo per l’aumento delle percentuali di riutilizzo e recupero.
Come ogni decreto che modifica i sistemi di gestione dei rifiuti, anche il DL 116/2020 prevede un periodo transitorio utile ai comuni per organizzare il nuovo servizio di raccolta dei tessili. Ti consigliamo di consultare il sito del tuo comune di residenza per restare aggiornato in materia.
UN FOCUS SUI CONSUMI DEI PRIVATI E LA FAST FASHION
Secondo le stime dell’ISPRA la percentuale di rifiuti indifferenziati di origine tessile dell’anno oggetto di indagine si attesta al 6% (circa 663 mila t/anno) del totale. Questi rifiuti sono destinati alle discariche o alla termodistruzione, anche se una frazione consistente degli stessi potrebbe essere recuperata o riciclata.
Ad alimentare un consumo eticamente ed ecologicamente discutibile di materie tessili è il recente e crescente fenomeno della “fast fashion”. La moda veloce è basata sulla produzione di capi di abbigliamento di bassa qualità estremamente accessibili e caratterizzati da un rapido aggiornamento delle collezioni. Capostipite del movimento è la società Shein, compagnia cinese fondata nel 2008 e che abbraccia il modello di fast fashion come core business. La compagnia aggiorna con cadenza giornaliera i prodotti disponibili arrivando ad aggiungere fino a 500 nuovi capi a collezione. Il risultato consiste nella movimentazione su scala globale di circa 36 mila t/anno di materie tessili.
I CAPI DI SECONDA MANO DESTINATI AI P.V.S
Sebbene la fast fashion abbia reso accessibile il mercato della moda anche alle fasce di popolazione meno abbienti, ha d’altro canto gettato le basi per un consumo smodato di materie prime, aggravato dai recenti scandali relativi al reale destino dei capi di seconda mano resi dai consumatori alle case produttrici. Negli ultimi anni, infatti, molti marchi hanno promosso iniziative benefiche invitando i consumatori a consegnare nei punti vendita i capi d’abbigliamento in disuso destinati alle popolazioni di Paesi in Via di Sviluppo (P.V.S.). Inchieste recenti hanno portato alla luce il reale andamento dell’iniziativa, che ha visto nascere un mercato parallelo nei P.V.S. di capi d’abbigliamento le cui condizioni ne rendevano impossibile il reale riutilizzo. In sostanza nei P.V.S. vengono rivenduti rifiuti tessili sotto mentite spoglie il cui ciclo di riutilizzo termina ancor prima di iniziare, vista la totale assenza di adeguate filiere di recupero e la scarsa qualità del materiale di partenza. La reale conseguenza si identifica nella dispersione di tali rifiuti in matrici ambientali quali acqua e suolo.
MALU E LO SMALTIMENTO TESSILE
Per le aziende che si occupano di smaltimento rifiuti, l’elenco europeo dei rifiuti prevede già un capitolo dedicato ai rifiuti tessili e i produttori sono tenuti a dividere i rifiuti in base alla tipologia e alla provenienza.
Nell’elenco europeo dei rifiuti troviamo i codici EER. Sono sequenze numeriche, composte da 6 cifre riunite in coppie, volte a identificare un rifiuto in base al processo produttivo da cui è originato.
Nel capitolo 4 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce e dell’industria possiamo trovare per esempio:
- 04.01.08 rifiuti di cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo
- 04.01.09 rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura
- 04.02.21 rifiuti da fibre tessili grezze
CONSUMI AZIENDALI DELL’ANNO 2019 (fonte ISPRA)
Produzione nord | 337.728 tonnellate |
Produzione centro | 243.121 tonnellate |
Produzione sud | 62.694 tonnellate |
Totale in Italia | 643.543 tonnellate |
Malu si occupa anche di questi smaltimenti. Se hai bisogno come privato o come azienda di smaltire dei tessuti non esitare a contattarci e un nostro esperto prenderà in carico la tua richiesta e ti accompagnerà nel processo di gestione.